GUIDO CHIESA - In seguito alla pubblicazione di alcuni miei articoli su Cuneocronaca, Paolo Chiarenza mi ha fatto recapitare, tramite un comune amico, il suo libro "La strada infinita – Storia della Cuneo-Asti", che, come scrive nella prefazione l’allora presidente della Provincia Raffaele Costa, è la cronistoria delle "vicende e delle vicissitudini che hanno accompagnato l’iter progettuale e le battaglie politiche per la realizzazione dell’autostrada Asti-Cuneo".

Il libro spazia dalla fine degli anni ’70 sino alla data della sua pubblicazione, ossia novembre 2005. Oggi, a 15 anni di distanza, con l’autostrada ancora da completare, è interessante ripercorrere alcuni passaggi della vicenda per capire, col senno di poi, i motivi di quello che appare come un clamoroso fallimento. Tale da contendere alla Salerno-Reggio Calabria il primato delle opere infinite di questa nostra affaticata Repubblica.

Superstrada o autostrada?

Il libro di Chiarenza riporta come il Piano Regionale dei Trasporti dei primi anni ’80, basandosi sugli studi degli uffici tecnici della Provincia, avesse già previsto un collegamento veloce tra Asti e Cuneo, ma sotto forma di superstrada. E che questa aveva già avuto alcuni precisi finanziamenti e due prime realizzazioni da parte dell’Anas.

La Satap, la società che gestiva l’autostrada Torino Piacenza e nel cui Consiglio di Amministrazione sedeva il presidente della Provincia Falco (Dc), aveva però deciso di avviare uno studio di fattibilità dell’autostrada Asti-Cuneo. Studio che aveva dato un esito positivo a fronte di una previsione di 15.000 passaggi/giorno.

Il dibattito su quale soluzione andasse preferita durò alcuni d’anni e trovò una prima conclusione nella concessione data alla Satap nell’aprile del 1991: “Un asse viario – da realizzarsi con l’autofinanziamento della società proponente (che come corrispettivo ha ottenuto il prolungamento della concessione sull’arteria autostradale principale Torino-Piacenza) e con i contributi diretti da parte dello Stato ed il ricorso a mutui garantiti dal medesimo – che prevede la costruzione della tratta superstradale di 52 km Asti-Alba-Bra-Marene e quella della bretella autostradale di 24 km Cuneo Bombonina-Carrù (Massimini)”. In altre parole il famoso percorso a “Z rovesciata” che quasi tutti giudicavano “non ottimale”, ma che aveva trovato nella Satap uno sponsor di peso.

Le tesi a sostegno della soluzione adottata erano, in sintesi:

1. La bretella autostradale Cuneo-Carrù non era il primo tratto della Asti-Cuneo, bensì il collegamento di Cuneo alla Torino-Savona e alla rete autostradale nazionale. In procinto di diventare parte integrante della autostrada europea E72 (Barcellona-Nizza-Torino-Milano) una volta realizzato il traforo del Mercantour. Autostrada che rappresentava una irrinunciabile occasione di sviluppo “alla luce di un’ormai imminente unità europea, sotto l’egida del libero scambio e dell’economia di mercato” (Unione Industriale di Cuneo e Federpiemonte);

2. il capoluogo della provincia Granda si "meritava" una autostrada che l’avrebbe levata dall’isolamento in cui si trovava da anni;

3. l’assegnazione ad una società già concessionaria di altre autostrade avrebbe garantito il finanziamento dell’opera, nonché tempi brevi e certi di realizzazione, che l’Anas, visti i pregressi, non era certa di garantire. Anche perché il governo aveva dato priorità alle spese di Italia ’90 e non disponeva dei capitali necessari per finanziare l’opera;

4. gli incassi dei pedaggi avrebbero reso il Piano Economico Finanziario più sostenibile. Incassi destinati a crescere in vista dell’apertura della E72, su cui la Satap confidava;

5. il tracciato Cuneo-Carrù attraversava terreni agricoli meno pregiati, di minor costo e di più facile acquisizione.

E’ interessante notare che mentre c’era un consenso unanime delle forze politiche sul fatto che il tratto Asti Marene fosse una superstrada dalle caratteristiche ben definite (due carreggiate e 4 corsie su una piattaforma bitumata di 19 m comprendente uno spartitraffico centrale di metri 1,50), si registravano forti opposizioni sul tratto autostradale Cuneo-Carrù. Al punto che la Commissioni per la Valutazioni di Impatto Ambientale del Ministero dell’Ambiente fu costretta, nell’ottobre 1992, a rinviare il giudizio in merito, valutando insufficiente il flusso di traffico (12.500 veicoli leggeri più 3065 veicoli pesanti/giorno) e mancando il progetto stralcio del collegamento internazionale, con nuovo tunnel alpino, con il sud della Francia e la Spagna. Forti perplessità emergevano poi da molti commentatori che la Satap fosse in grado di far fronte al finanziamento dell’intera opera.

Guido Chiesa

(5-continua)