CUNEO CRONACA - Continua a scendere il numero complessivo degli artigiani presenti nel nostro Paese. Se nel 2012 erano poco meno di 1.867.000 unità, nel 2023 la platea complessiva è crollata di quasi 410mila soggetti (-73mila solo nell’ultimo anno); ora il numero totale sfiora quota 1.457.000. In questi undici anni si è assistito a una caduta verticale che si è interrotta solo nell’anno post Covid (+2.325 tra il 2021 e il 2020).
L’allarme è lanciato da Confartigianato Cuneo che ha elaborato i dati di INPS, CGIA Mestre e Infocamere/Movimprese – recentemente anche ripresi dal Presidente della Terza Commissione della Regione Piemonte, con deleghe su Economia e Artigianato, Claudio Sacchetto.
«Se questa tendenza non sarà invertita stabilmente, – commenta Luca Crosetto, presidente territoriale Confartigianato Cuneo – non è da escludere che entro una decina d’anni sarà molto difficile trovare un idraulico, un fabbro, un elettricista o un serramentista in grado di eseguire un intervento di riparazione/manutenzione presso la nostra abitazione o nel luogo dove lavoriamo».
Per quanto riguarda le regioni, il Piemonte si colloca al terzo posto con un -25,8%, dopo Abruzzo (-29,2%) e Marche (-26,3%). Sulle 103 provincie italiane, quella di Cuneo si posiziona alla 31esima posizione, facendo registrare un -24,3%: sono 7.298 gli artigiani “persi” negli undici anni dal 2012 al 2023 (da 30.025 a 22.727). La provincia “peggiore” è Vercelli con un -32,7% (pari a -2.275 unità); la più “virtuosa” Bolzano, con -6,1% (-970).
«L’auspicio – continua Crosetto – è che a livello regionale prosegua il dialogo costruttivo e propositivo con Giunta, Assessorato e Commissioni competenti già avviato con la prima presidenza del Governatore Alberto Cirio. In questo senso Confartigianato Piemonte, guidata dal presidente Giorgio Felici, insieme a tutte le Associazioni provinciali piemontesi, è a disposizione per collaborare con l’ente pubblico per individuare modalità e strumenti più idonei a frenare il fenomeno, dando nuovi stimoli al comparto».
Secondo l’elaborazione, anche il numero delle aziende artigiane attive è in forte diminuzione. Se nel 2008 (anno in cui si è toccato il picco massimo di questo inizio di secolo), in Italia le imprese artigiane erano pari a 1.486.559 unità, successivamente sono scese costantemente e nel 2023 si sono fermate a quota 1.258.079.
«La chiave di lettura della riduzione del numero di aziende – spiega il presidente Crosetto – è anche riconducibile al processo di aggregazione/acquisizione che ha interessato alcuni settori dopo le grandi crisi 2008/2009, 2012/2013 e 2020/2021. Se da un lato questa “spinta” verso l’unione aziendale ha compresso la platea degli artigiani, dall’altro ha contribuito positivamente ad aumentare la dimensione media delle imprese, spingendo all’insù anche la produttività di molti comparti, per esempio trasporto merci, metalmeccanico, installatori impianti e moda».
«Tuttavia – prosegue ancora Crosetto – la tendenza in costante diminuzione ha anche una origine “culturale”. Negli ultimi decenni tante professioni ad alta intensità manuale hanno subito una “svalutazione” che ha allontanato molti ragazzi dal mondo dell’artigianato. Le criticità principali sono lo scarso interesse che molti giovani hanno nei confronti del lavoro manuale; la mancata programmazione formativa verificatasi in tante regioni del nostro Paese e l’incapacità di migliorare/elevare la qualità dell’orientamento scolastico che, purtroppo, è rimasto ancorato a vecchie logiche novecentesche».
Per Confartigianato la soluzione è una “rivalutazione culturale del lavoro manuale”. Non a caso l’Associazione cuneese, specie negli ultimi anni, ha messo in atto diversi progetti per promuovere e valorizzare il lavoro artigianale – il progetto “Creatori di Eccellenza” e lo spin-off “Esperienze Artigiane sul Palco” ne sono degli esempi concreti.
«Negli ultimi 40 anni – conclude Crosetto –. l’artigianato è stato spesso rappresentato come un mondo residuale, destinato al declino. Per riguadagnare il ruolo che gli compete ha bisogno di robusti investimenti nell’orientamento scolastico e nell’alternanza tra la scuola e il lavoro, rimettendo al centro del progetto formativo gli istituti professionali che in passato sono stati determinanti nel favorire lo sviluppo economico del Paese. Oggi, invece, sono percepiti dall’opinione pubblica come scuole di “serie b”. E nonostante la crisi e i problemi generali che attanagliano l’artigianato, non sono pochi gli imprenditori di questo settore che da tempo segnalano la difficoltà a trovare personale disposto ad avvicinarsi a questo mondo. In tutto il Paese si fatica a reperire nel mercato del lavoro giovani disposti a fare gli autisti, gli autoriparatori, i sarti, i pasticceri, i fornai, i parrucchieri, le estetiste, gli idraulici, gli elettricisti, i manutentori delle caldaie, i tornitori, i fresatori, i verniciatori e i batti-lamiera. Senza contare che nel mondo dell’edilizia è sempre più difficile reperire carpentieri, posatori e lattonieri. L’artigiano di domani sarà colui che vincerà la sfida della tecnologia per rilanciare anche i “vecchi saperi”. Alla base di tutto, rimarrà il saper fare che è il vero motore della nostra eccellenza manifatturiera».